DESCRIVI UNA PERSONA FRAGILE E LE REAZIONI CHE SUSCITA IN CHI LE STA VICINO
È un bel ragazzo adolescente, moro, alto e muscoloso. Sta per compiere diciotto anni. A vederlo così si direbbe proprio un bulletto; a scuola disturba, fa battute sconce, si distrae spesso, cerca sempre e comunque di attirare l’attenzione di chiunque gli capiti a tiro, ma soprattutto dei suoi compagni. A casa ha un sacco di problemi, però in fondo chi a quell’età non li ha? E quindi i suoi coetanei è come se capissero la sua estrema fragilità che lui tende a nascondere con la maschera dello sbruffone. In classe chiede sovente di uscire. Tutte le sue paure, i suoi incubi, le insicurezze, nascoste abilmente o tirate fuori e quasi sbandierate nel momento del bisogno, infastidiscono gli insegnanti e anche alcuni compagni, sempre pronti a criticare chi richiede attenzioni particolari che vengono subito interpretate come trattamenti di favore. Una volta mi ha mostrato il pearcing sul capezzolo con orgoglio e dopo qualche giorno mi ha detto: “Io sono come un bambino piccolino disegnato sul centro di un foglio mentre sta chino sul banco e cerca di difendersi da una pioggia torrenziale di parole, nozioni, regole, concetti che gli cadono addosso e cercano di colpirlo. Sopra ci sono i professori e gli adulti che mi devono proteggere.” Una cosa del genere detta da un diciottenne grande e grosso provoca reazioni discordanti: la prima ed immediata è quella che stia approfittando un bel po’ del suo disagio, cercando di fare pena, un’ennesima richiesta di aiuto per faticare meno. L’altra però è ben più profonda e meno razionale: ti viene una gran voglia di abbracciarlo dicendogli che andrà tutto bene.
PENSA, RICORDA O IMMAGINA UNA SITUAZIONE IN CUI TI SEI TROVATA IN DIFFICOLTÀ A COMUNICARE. COME TE LA SEI CAVATA?
Sono una vera chiacchierona ed anche se solitaria, mi considero abbastanza estroversa. Il problema di comunicare in una lingua diversa dalla mia non mi ha quasi mai spaventato, anche se certamente non sono una poliglotta.
Quello che ritengo il vero problema nelle relazioni è l’estrema difficoltà che noi esseri umani abbiamo nell’ascoltare gli altri e soprattutto nel comprenderci vicendevolmente. Tutto passa sempre attraverso il filtro del nostro punto di vista. Quindi mi capita spesso di non capire quello che qualcuno sta cercando di dirmi e più di tutto trovo un grandissimo senso di sconforto e di frustrazione quando vedo i miei interlocutori che vagano con lo sguardo altrove mentre sto cercando di raccontare qualcosa per me di estrema importanza, o peggio ancora cambiare discorso. Negli anni ho elaborato un sistema difensivo che consiste nel cercare di parlare il meno possibile delle mie cose profonde, dei miei ricordi lontani, soprattutto dei miei dolori. Come molti indosso la maschera della gregaria, assolutamente convinta che il ruolo della “prima donna” autocentrata non mi si confaccia per niente. Con gli anni ed il tempo si impara a conoscersi e ad accettare i propri limiti.
Riconoscere e accettare i propri limiti è un esercizio che con il tempo aiuta a vivere più serenamente le difficoltà e gli insuccessi. Basta nn essere troppo severi🙂 Il mondo è pieno di interlocutori (spesso sono amici di lunga data) che sempre più spesso nn ascoltano ( alcuni guardano il cellulare mentre parli), anticipano le tue parole ( in realtà sono le loro parole), interrompono il filo del tuo difficile aprirti e cambiano discorso. Finché posso tollero e rispetto. Sempre più spesso taccio😑😏🙊
Grazie mille Daniela! Anche questo è un gran bel modo di comunicare! Ero convinta che avresti commentato il pezzo del ragazzo fragile e invece…
Il ragazzo fragile ha messo in essere riflessioni sulla mia posizione mentale verso alcune fragilità con le quali mi confronto a scuola. Il pezzo merita di essere riletto perché è la partenza per una revisione delle mie posizioni. Interessante e utile👌