Ines Sanmiguel Camargo, una mia amica
Una signora minuta, piccolina, con i capelli biondi tagliati corti, lo sguardo attento e vispo, la carnagione chiara che la fa apparire tutto fuorché colombiana. Molto british, una nostra comune amica l’ha paragonata ad un elfo dei boschi, con movenze agili e scattanti. Nata a Bucanamanga nel distretto di Santander, il 19 Dicembre 1943, una città di provincia in cui non si percepiscono gli strascichi della Seconda Guerra Mondiale. Il padre si dedica all’importazione dall’Europa di ceramiche e porcellane, la madre è rigorosamente casalinga, un fratello maggiore, una sorella minore. Infanzia e adolescenza tra le più normali e tranquille. A diciotto anni si iscrive alla Facoltà di Ingegneria di Santander ma si accorge abbastanza presto che quello non sarà il suo futuro; nel 1963 partecipa alle lezioni di antropologia che si tengono all’università, e se ne appassiona. Decide quindi di trasferirsi nella capitale, Bogotà, studiare presso l’Universita’ privata de Los Andes, è seguire le lezioni di dell’antropologo di origine austriaca Gerardo Reichel Dolmatoff. Sono gli anni delle contestazioni studentesche, degli hippies e dei pacifisti che manifestano in Europa e negli Stati Uniti contro la guerra in Vietnam; in Colombia, proprio nella città di Ines, a Santander,
sono nati ed hanno incominciato a diffondersi l’Esercito di Liberazione Nazionale, ELN, e la FARC, le Forze Armate Rivoluzionarie Colombiane, gruppi di guerriglieri che hanno l’appoggio di Cuba, della Cina di Mao e probabilmente dell’Unione Sovietica. Gli ideali sono combattere per una società più equa, per migliorare la misera condizione dei campesinos, che vivono senza la minima tutela da parte del governo colombiano che tra Conservatori e Liberali collabora da sempre con gli Stati Uniti per arginare il diffondersi del comunismo. Ines, laureatasi nel 1969, lavora come ricercatrice archeologica e nel 1970 firma un contratto a tempo indeterminato per l’Istituto Colombiano di Antropologia. Dopo gli anni da studentessa presso il convitto universitario, può affittare un piccolo appartamento; è una donna che ha sempre aspirato all’indipendenza e all’autonomia. Con il professore di archeologia dell’Università di Londra Warwick Bray, lavora a degli scavi a Santander, dove vivono ancora la madre e i fratelli. Nel pueblo di Narino una delle sue mansioni è quella di lavorare a fianco dei guaqueros, cioè le maestranze di scavatori, che molto spesso trafugavano i reperti chiedendo del denaro in cambio. In seguito collabora con il ricercatore messicano José Luis Lorenzo, che dirige nel suo paese i lavori di “salvamento archeologico”, cioè un sistema di lavoro molto veloce per mettere in salvo dei siti preziosi che in breve verranno completamente sommersi dalle acque per un progetto di bonifica. Siamo nel 1972-73; partecipa a questi scavi anche un giovane ricercatore giapponese, di cui Ines si innamora, ricambiata. Dopo avere portato a termine le sue missioni, nel 1976 la giovane antropologa colombiana lascia il suo paese per Tokyo, dove si sposa. Una delle ragioni principali per lasciare la Colombia è che proprio in quegli anni era cominciata la grande produzione di marijuana e coca da trasformare in cocaina nella Serra Nevada di Santa Marta, cioè dove Ines era interessata allo studio delle popolazioni indigene, pertanto la zona non rendeva possibile una ricerca libera e sicura.
La casa in cui si trasferisce la giovane coppia è vicino a quella dei genitori dello sposo, nei pressi del meraviglioso mercato di pesce e verdura di Tsukiji, al più prestigioso teatro Kabuki della città, e alla Ginza, la strada più importante e vitale di Tokyo. Ines si ambienta subito e senza particolari problemi a questo mondo diversissimo, fatto di tradizioni millenarie, storia e cultura quasi opposta alla sua, e una lingua a dir poco ostica. Incomincia subito a lavorare dando lezioni di spagnolo e assiste il marito che continua a fare il ricercatore all’università. Dopo pochi anni, riceve una grande proposta: l’Università di Harvard la ingaggia, sempre tramite il professor Warwick Bray per un progetto in Messico, di studio delle popolazioni indigene, l’Harvard Chiapas Project. Tra il 1978 e il 1984 Ines è sempre in movimento. Poi torna in Giappone, dove però assiste al naufragio del suo matrimonio: si separa nel 1987 però continua a vivere e lavorare principalmente a Tokyo. Dal 1991 al 1996 la nostra eroina, perchè di eroina trattasi, è in Gran Bretagna, a Durham, sempre come ricercatrice, dove acquisisce la cittadinanza britannica. Nel 2008 Ines prende l’ennesima importante decisione: ritorna a Bogotà, nel suo paese d’origine, dove ha acquistato un appartamento nel prestigioso Residence delle Torres del Parque, bella opera del rinomato architetto Rogelio Salmona. La Colombia tutta in quegli anni è devastata dalla guerriglia armata, dalla criminalità organizzata, dalla corruzione, dal terrorismo. I gruppi armati rivoluzionari, l’ELN e la FARC, si sono trasformati in organizzazioni paramilitari legate soprattutto al narcotraffico; sono gli anni di Pablo Escobar e del Cartello di Medellin. un altro fenomeno insanguina il paese: quello del Desplazamento Forzado, un delitto contro l’umanità. Quasi 8 milioni di campesinos, indigeni, molti di discendenza africana, sono costretti ad abbandonare le loro case a causa del conflitto armato interno, la violenza delle bande criminali e il narcotraffico seminano morte. I campesinos molto spesso vanno a vivere nelle periferie delle grandi città colombiane, contribuendo al dilagare del malessere sociale. Il governo colombiano è guidato dal 2002 al 2010 da Alvaro Uribe Vilez, esponente del Partito liberale Indipendente, che firma un accordo con i paramilitari; gli succede Juan Manuel Santos, giornalista ed economista, uno dei fondatori del Partito della U, cioè il Partito Sociale dell’Unità Nazionale. Santos nel corso dei suoi due mandati pare abbia negoziato e firmato accordi con la FARC per avviare il paese alla normalizzazione, ma la realtà è che si percepisce che tutti i grandi politici colombiani hanno dovuto o voluto scendere a compromessi con quelle che sono diventate ormai multinazionali del narcotraffico e che fanno del contrabbando di droga ed armi una fonte di interesse così grandi che per un comune cittadino di questo mondo, risulta difficile comprenderne l’entità. Ora Ines è una donna dinamica, attiva, dai mille interessi che vanno dalla lirica al cinema alle beghe delle amministrazioni condominiali, e soprattutto ha un grande progetto a cui sta lavorando da tempo: una ricerca approfondita di raccolta e catalogazione di informazioni relative a tutti i giapponesi che si sono trasferiti in Colombia nel secolo scorso.
Si tratta di recuperare immagini,testimonianze dirette e indirette, e catalogarle in un archivio che diventi una imprescindibile memoria storica e che completi la sua importante pubblicazione En pos de El Dorado, opera tradotta anche in inglese (Japon’s quest for El Dorado). Ines in questo progetto è in poll position, ovviamente. Si è riproposta di lavorarci sopra per cinque anni; forse quando ne compirà 80 vorrà dedicarsi ad altro.
Ecco, ho cercato di raccontare in breve la vita di una persona straordinaria, una vera eroina dei giorni nostri, che con la sua forza, voglia di fare e determinazione mi ha decisamente conquistato. Abbiamo chiacchierato a lungo e tra le altre cose mi ha spiegato l’interessante teoria sulle popolazioni che vivono in posti dove non esistono le stagioni, il clima è variabile ma sempre uguale per dodici mesi all’anno, le ore di luce e quelle di buio si susseguono senza variare: alle 6:30 l’alba, alle 18:30 il tramonto. Chi si trova per generazioni in una situazione del genere sviluppa una scarsa creatività, proprio perchè non ci si deve adattare ai cambiamenti, prima di tutto climatici. Mi ritengo molto fortunata e soprattutto orgogliosa di avere fatto la conoscenza di Ines Sanmiguel Camargo; tra le altre cose di dimostrare concretamente la straordinarietà del mio viaggio.
Ecco le storie che voglio leggere sul tuo libro hermana. Alla grande!
Esatto!!!!! 👍👍👍😘😘😘😍😍🤗