La mia prima tappa in Perù è, arrivando da La Paz, la città sul Lago Titikaka, Puno. Questo enorme lago si trova per metà in Bolivia e metà in Perù, ma soprattutto con i suoi 3.800 metri di altezza, è il più alto lago navigabile del mondo. La parte peruviana è la più turistica; Puno è una città moderna per gli standard sudamericani; ha più di 350.000 abitanti, alcuni grattacieli ed hotel di lusso, un grande stadio ed altri più piccoli, un centro brulicante di persone, minibus ed auto strombazzanti e questa volta ci sono anche dei piccoli veicoli bianchi e blu, simili a delle apecar coperte, che sono dei mini taxi. Le migliaia di turisti che arrivano a Puno lo fanno prima di tutto per visitare le isole che costellano il lago. Ho partecipato ad un’escursione full day che è iniziata alle 7 del mattino; con una delle tante imbarcazioni che hanno circa 20/25 posti, e con guida al seguito, siamo stati prima in una delle famose Iles Flottantes, costruite con dei giunchi, dove vivono i discendenti degli indios preincaici Uros. Famigliole strane, tutte imparentate tra loro. Alloggiano in semplicissime capanne, senza riscaldamento o acqua corrente. La scarsa illuminazione è fornita da piccoli pannelli solari posti sul tetto delle capanne; è tutto costruito con i giunchi; dal suolo delle isole stesse, all’intera struttura delle abitazioni, alle tipiche imbarcazioni che assomigliano un po’ alle nostre gondole, con cui portano i turisti a fare un piccolo giro. Gli abitanti parlano il quechua, e senza la guida sarebbe difficile comunicare. Sopravvivono vendendo i loro semplici prodotti artigianali; ci fanno vedere anche quello che mangiano: il sistema di conservazione di pesce e galline morte e rinsecchite per me è un mistero che non voglio approfondire. Tessono delle tele molto colorate e fanno bamboline. Chiedo a una quindicenne quale sia il suo sogno dopo la scuola che frequenta a Puno e mi risponde che vuole continuare a stare lì. Bambini che camminano appena si aggirano tra le capanne. Non so come si lavino ma di sicuro sono abituati ad un freddo intenso. L’isola che visito e che mi colpisce il cuore però si chiama Taquile, puma grigio in quechua, è un paradiso di pace e tranquillità dove i suoi 3500 abitanti vivono in case che si arrampicano su bellissimi sentieri, in mezzo a profumati eucalipti, in terrazzamenti che offrono scorci di lago cristallino. La vita converge in una piazza centrale dove c’è anche il grande spaccio dei loro prodotti locali: artigianato in alpaca di alta qualità. Qui gli uomini e solo gli uomini lavorano ad una specie di uncinetto, tequen si dice, producendo tra le altre cose i tipici copricapo diversi a secondo dello stato di celibe o ammogliato, mentre le ragazze se sono single portano dei grandi pon pon colorati in fondo alle lunghe trecce. Le donne invece cucinano e Tessono delle magnifiche alte bande che gli uomini portano in vita, con rappresentate le stagioni. Tutto viene ricondotto ad una simbologia mitica e ancestrale. Vivono anche loro di turismo ma in una condizione piacevole; non amano essere fotografati, però sono sempre pronti a suonare, cantare e ballare. Lavano la lana usando una pianta che contiene saponina, e un’altra curiosa usanza, visto che il matrimonio è per sempre e il divorzio non è contemplato, è il fatto che le coppie hanno la facoltà di provare un periodo di un paio di anni di convivenza prima di convolare a nozze. Non ho capito però se le coppie si formano liberamente o se esiste un accordo tra le famiglie. Quello che è certo è che i ragazzi che tequen meglio sono i più ambiti. Indimenticabile per me a Puno è anche l’incontro e le piacevoli chiacchierate con la mia host Carmen e suo figlio, alla sera, in cui si è parlato un po’ di tutto, da Maria Reiche a Caravaggio, di storia e di attualità, in un clima accogliente e familiare. Le scuole ora sono chiuse per le vacanze estive, ma questi incontri arricchiscono il mio viaggio enormemente. A queste elevate altitudini, una cosa che mi sento di consigliare è di arrivare a Puno non in aereo ma in autobus, possibilmente facendo delle tappe intermedie, per evitare i problemi fisici legati al mal d’altura. Ci sono dei rimedi antichi e tradizionali come bere il mate di coca o masticare le foglie di coca che è il prodotto agricolo principale del Perù, della Bolivia e anche della Colombia, insieme alla quinoa. Io non ne ho avuto bisogno e inoltre per la seconda volta non riesco a visitare il Museo della Coca, quindi non ho informazioni tecniche sull’argomento. Puno si estende sulle colline intorno a questa parte di lago; ci sono delle salite che possono fare venire il fiatone. Tra le cose interessanti della città ci sono la ovvia Plaza des Armas con la bellissima Cattedrale che offre una ricca facciata tutta intarsiata, alcune vie pedonali con negozi di souvenir e un’altra piazza che stranamente si chiama Parque Pino. I marciapiedi nelle altre strade sono strettissimi ed è difficile camminare tra la gente e le auto che sfrecciano di continuo. Però c’è una bella passeggiata sul lungo lago che libera il respiro e lo sguardo. Tra le attrazioni culturali voglio ricordare il Museo Municipal Carlos Dreyer. Al suo interno ci sono la Sala Archeologica, quella Litica, la Sala Inca e quella del Tesoro di Sillustani con oggetti d’oro di arte funeraria della civiltà Colla, che seppellivano i nobili in delle specie di torri di pietra simili ai nuraghi; in questa sala ci sono tre mummie rinvenute a Sillustani. La sala che a me è piaciuta di più è la Pinacoteca con opere del 1900 che riproducono paesaggi ed indios. Ci sono anche il Salone Coloniale e quello Religioso. Carlos Dreyer è stato un pittore tedesco che nel Novecento ha vissuto più di cinquanta anni in Perù, grande collezionatore e amante dell’arte e della cultura, ha permesso di raccogliere e di esporre al pubblico questo straordinario materiale.
Questa storia degli uomini che fanno l’uncinetto non è poi così strana ae vivono solo con il loro artigianato. Quelli bravi manterranno più facilmente la famiglia 😁
Besos 😘
Esatto! 👍👍👌