Oggi devo parlare di ieri. Il mio primo giorno intero a La Paz. Tante cose mi colpiscono: prima di tutto delle vere e proprie ovovie che trasportano nel cielo le persone da un punto all’altro della città e che salgono e scendono tra grattacieli e vie trafficate. È tutto una distesa di case costruite su pendici montuose. Impressionante! Le strade sono piene di taxi, autobus così vecchi che sembrano d’epoca e una quantità infinita di minibus: dalle portiere o dai finestrini aperti c’è sempre qualcuno che urla le varie destinazioni: ogni tanto si fermano e raccolgono i passeggeri. Agli incroci si suona il clacson per avvisare. Una quantità enorme di minichioschetti che vendono cianfrusaglie alimentari e non di ogni tipo. Visito il Museo Etnografico e del Folklore, con interessantissime parti riservate ai Copricapo, alle Maschere, ai Costumi, alle Miniere, all’Artigianato di ogni tipo compreso quello con le Piume degli uccelli, alla Numismatica e ad altro ancora che ora ho già dimenticato. Ecco perché devo assolutamente raccontare adesso di un incontro fatto ieri. Mentre cammino tra gente di vario tipo, mi colpisce un essere, straccionissimo come qui se ne vedono tanti. Questo è in piedi invece che stravaccato a terra in mezzo all’immondizia come altri. È a un angolo di una strada molto frequentata e sta armeggiando con le mani verso il basso del suo corpo, barcollando. I capelli lunghi, sporchissimi, irsuti, gli coprono il viso. Vedo solo che tocca qualcosa e inorridisco abbastanza quando capisco che ha in mano il suo pene nero e flaccido, come se cercasse di fare pipi su un contenitore pieno di schifezze ai suoi piedi. Io proseguo come fanno le centinaia di altri passanti. Ma in un secondo, proprio sotto l’obelisco di La Paz, mentre cerco di attraversare mi accorgo che quell’essere si è messo a camminare, sempre barcollando. Così in mezzo alla sporcizia dei capelli e del resto, gli guardo per un secondo la faccia. Non riesco a sostenere una vista del genere: due occhi azzurri e spiritati che hanno poco di umano. L’unica cosa che si capisce è che è un ragazzo giovane. Per il resto è veramente un mostro pauroso che si aggira in mezzo alla folla. Nessuno si spaventa o fa finta come me: tutti rimuovono dal proprio sguardo una vista del genere; anche i poliziotti. È peggio di vedere un cadavere, peggio di uno zombie, e sicuramente peggio dei tanti che qui elemosinano, peggio di uno che urla per chiedere aiuto. È un’esperienza che non avevo mai fatto. La reazione dell’animo umano di fronte a cose del genere è la quasi assoluta indifferenza, una difesa primordiale, una rimozione. Se non lo avessi scritto subito anche la memoria avrebbe aiutato a dimenticare. Domani racconto di oggi e cerco di tornare in riga.
Non commento il mostro. Ma il fatto che si possa arrivare a simili limiti e che l’unica soluzione sia fare finta di non esserne spaventati.
Ma soprattutto voglio spiegazioni sui ricci di mare appesi ai fili. Direi che il mare è abbastanza distante da La Paz. Come sono arrivati fin lassù 😵😁
Non è una soluzione: la natura umana ci porta a reagire così. Per quanto riguarda i ricci di mare, li ha chiamati così Francesco. Nella moltitudine di fili della luce li ho visti dappertutto non solo a La Paz. Sono un mistero che devo risolvere. Besos 😁😅👍😘
belle foto
Ciao Vito!!! Grazie mille e a presto! Besos 😘👌👍